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Biografia Domenico Ridola

Valoroso medico, acuto archeologo, eminente scienziato e serio politico, Domenico Ridola nacque il 13 ottobre del 1841 da Gregorio e da Camilla De Gemmis a Ferrandina, dove visse pochi mesi prima di trasferirsi definitivamente a Matera, in via Tre Corone. Fino ai novantuno anni della sua vita si è dedicato ininterrottamente allo studio, al lavoro ed alla ricerca, primeggiando per la sua intelligenza e per la sua preparazione professionale riconosciutagli in tutta Europa. Frequentò con profitto il Seminario Lanfranchi prima di iscriversi all’Università di Napoli alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dove si distinse in gare tra studenti su tesi di fisica e chimica.

A 24 anni, nel 1865, si laureò brillantemente e continuò a frequentare i luoghi di cura partenopei e s’impegnò nella traduzione di riviste scientifiche in francese, inglese e tedesco, grazie a corsi di lingue che aveva frequentato.
Risultò primo ad un concorso indetto dalla Facoltà napoletana, ma non ottenne la somma della borsa di studio, poiché fu assegnata ad altri due studenti che non avevano nemmeno partecipato al concorso, ma continuò i suoi studi in Italia ed all’estero, per l’interessamento dei suoi genitori.
Negli anni successivi lo ritroviamo a Bologna, Milano ed a Vienna, in contatto con eminenti scienziati dell’epoca. Rinunciò a stabilirsi a Napoli, dove avrebbe potuto intraprendere una brillante carriera universitaria, poiché rientrò a Matera a causa dell’infermità del padre ed avviò il suo studio medico in via Duomo, mettendo a disposizione dei pazienti le sue notevoli conoscenze scientifiche e tecniche, sconosciute ai suoi colleghi, ancorati alla medicina ippocratica.
Fu conosciuto per aver approfondito le ricerche su una malattia della bocca, detta “Malattia di Ridola”. Nel 1878 fu eletto all’unanimità consigliere comunale e più volte riconfermato; nel 1892 fu acclamato Sindaco di Matera ed in seguito anche consigliere provinciale, carica che tenne per ben 36 anni; per due volte fu nostro rappresentante al Parlamento e nel 1913 fu nominato Senatore.
Morì la sera del 13 giugno del 1932, compianto da tutti per la sua rettitudine, cultura e disponibilità.

Grazie alla sua passione per l’archeologia,  un vero pioniere in questo campo, possiamo ora ammirare, esposti nel Museo che porta il suo nome, numerosi reperti ritrovati nel sottosuolo materano a seguito degli scavi da lui condotti.
Emerge tutta la storia di questo territorio, dal paleolitico inferiore al neolitico, a testimoniare la presenza ininterrotta dell’Uomo.
Selci, pietre lavorate, punte di freccia, bifacciali, urne cinerarie, crateri, vasellame, ceramiche impresse ed incise, corredi funerari.

Numerosi ed importanti sono gli oggetti ritrovati nei siti del paleolitico inferiore, medio e superiore, quali Serra Rifusa, Selva, Picciano, lungo il torrente Gravina, sulle sponde del Bradano, Murgia S. Andrea, Lucignano e Grotta dei Pipistrelli.
Grazie ai suoi studi e ricerche, si può affermare che il materano, nel periodo Neolitico, è una delle più importanti aree per conoscere a fondo gli insediamenti umani del tempo.

Il suo spiccato spirito di osservazione lo aiutò a scoprire le prime trincee, dal colore particolare della vegetazione del fossato circolare, più scura di quella circostante.
Ben tredici villaggi neolitici, cosiddetti trincerati perché circondati da un fossato, sono stati individuati dal Ridola negli immediati dintorni dell’odierna città, nelle contrade di Murgecchia, Murgia Timone, Trasano e Trasanello e Tirlecchia.
Tombe a grotticella ed a tumulo sono visibili ancora oggi, benché molti di questi siti siano stati danneggiati, nel corso dei millenni, dai lavori agricoli e dai recenti scavi per acquedotti ed altre costruzioni.
Grazie a lui, anche Serra d’Alto rappresenta un importante sito neolitico per la raffinata ceramica figulina, acroma e dipinta, con spirali, scacchiere, reticoli, rombi a cui fu dato il nome di questa località e che diffuse il nome di Matera in tutto l’ambiente scientifico internazionale come sito che individua lo stile di un particolare tipo di ceramica, detto appunto “di Serra d’Alto”.

Partecipò ai Congressi di Archeologia di Atene, Roma e Monaco e, nel 1914, a Siracusa ebbe modo di confrontare  dal vivo le trincee del materano con quella siciliana del Sentinello, trovando la conferma dell’analogia dei fossati, avvalorata anche dalle conclusioni del famoso Prof. Orsi.
L’unica differenza era nell’aspetto dei reperti di ceramica, in quanto quelli di Sentinello apparivano più grezzi e semplici rispetto al vasellame di fattura più raffinata ed accurata dei fossati di Matera.
Le sue intuizioni ed il suo lavoro lo portarono alle scoperte archeologiche di Timmari, dove riemerse una necropoli.

E’ stato anche Membro dell’Istituto Archeologico Germanico, dell’Accademia francese di Archeologia, della “Pontoniana” di Napoli, della Società “Magna Grecia” e della “Società di Storia Patria”
Nonostante le continue pressioni, non ha voluto pubblicare frettolosamente i risultati delle sue numerose campagne di scavi, dando alla stampa solo i seguenti lavori, ma frutto di uno studio definitivo ed organico:
– 1) La paletnologia del Materano
– 2) La Grotta dei Pipistrelli e la Grotta Funeraria
– 3) Necropoli arcaica ad incenerazione presso Timmari nel Materano (insieme con Quagliati)
– 4) Le grandi trincee preistoriche di Matera. La ceramica e la civiltà di quel tempo.
Nel 1926 il Re Vittorio Emanuele III apprezzò gli importanti reperti donati dal Ridola all’Italia, esposti nelle belle vetrine del nuovo Museo, quello attuale, che prese il suo nome, l’omaggio di un vero pioniere dell’allora nascente Archeologia, consideratosi sempre un semplice volontario.
Fra gli amici e i tanti eminenti estimatori che apprezzarono il suo impegno e le sue conclusioni, l’archeologo inglese E. T. Peet scrisse in una pubblicazione di Archeologia di Liverpool: ”Chi si persuada dell’importanza di Matera nello studio dell’Italia preistorica non rifiuterà di fare un viaggio fino a quello che è, o almeno sarà, il più importante sito preistorico dell’Italia meridionale”.